Impianti di climatizzazione e coronavirus

Impianto di climatizzazione e pandemia

  • Coronavirus e impianti di climatizzazione: il protocollo di AiCARR per ridurre il rischio di contagio negli ambienti sanitari.

    In un precedente articolo, abbiamo parlato di come ridurre il rischio di diffusione del Covid-19 attraverso una corretta gestione degli impianti di climatizzazione in ambito residenziale, pubblico e lavorativo. Lo spunto è giunto da una serie di documenti che AiCARR, Associazione Italiana Condizionamento dell’Aria Riscaldamento e Refrigerazione, ha pubblicato nelle ultime settimane per fornire chiarimenti in merito al rapporto tra Coronavirus e condizionatori e per dare istruzioni circa il corretto utilizzo degli apparecchi. In questo articolo torneremo di nuovo sull’argomento per vedere come gestire gli impianti di climatizzazione e di ventilazione negli ambienti sanitari per ridurre il rischio di contagio. L’input arriva ancora una volta da un protocollo emanato da AiCARR e inserito, insieme agli altri, sul sito dell’Associazione.

Impianto di climatizzazione e coronavirus

C’è una correlazione fra la pandemia e gli impianti di climatizzazione?

AiCARR, come spiegato nell’articolo condizionatori e coronavirus, chiarisce innanzitutto che la diffusione via aerosol è l’unica che può essere potenzialmente collegata agli impianti di climatizzazione (per aerosol si intendono le goccioline propagate dalla persona che ha contratto l’infezione, talmente piccole da restare sospese nell’aria). Sebbene non sia ancora chiaro quanto sia statisticamente rilevante questa modalità di trasmissione, nel caso del Covid-19, l’Associazione dichiara che bisogna tenere conto di questo possibile rischio nella gestione degli impianti di condizionamento.

In relazione agli ambiti non sanitari, abbiamo visto che, secondo AiCARR, gli impianti di climatizzazione possono ridurre la possibilità di propagare il Coronavirus, se gestiti in modo appropriato. La chiave, in particolare, è un’adeguata ventilazione dei locali e l’Associazione ha diffuso anche un protocollo che mostra gli interventi da svolgere sugli apparecchi di questi ambienti per aumentare l’aria di rinnovo e diminuire i rischi di diffusione del virus.

Dalla messa in depressione degli ambienti alla disattivazione del recupero di calore: le istruzioni di AiCARR per l’ambito sanitario

 

Anche in riferimento all’ambito sanitario, AiCARR ha pubblicato un documento specifico relativo agli impianti di climatizzazione: il “Protocollo per la riduzione del rischio da diffusione del SARS-CoV2-19 mediante gli impianti di climatizzazione e ventilazione in ambienti sanitari”, rivolto ai tecnici del settore e alle Direzioni Sanitarie per fornire istruzioni su come intervenire sugli impianti esistenti o su quelli di nuova costruzione in siti extra-sanitari. Premettiamo che si tratta di un argomento molto tecnico e complesso: in questo articolo ne vogliamo riassumerne i punti principali, invitandovi ad approfondire tutti i dettagli nel documento di AiCARR.

Prima di tutto, l’Associazione parte dal presupposto che nei luoghi di ricovero di pazienti altamente infettivi serva prendere questi provvedimenti:

    • segregazione sia dal punto di vista del layout architettonico sia dal punto di vista impiantistico, mantenendo adeguate differenze di pressione tra gli ambienti per evitare la cross contamination;
    • diluizione del virus aerotrasportato attraverso elevati ricambi d’aria, in particolare per le terapie intensive;
    • controllo della contaminazione dell’ambiente esterno grazie alla filtrazione assoluta nelle espulsioni.

Alla luce di questo, quindi, AiCARR dà precise raccomandazioni, specificando che si tratta di soluzioni di natura straordinaria e provvisoria, date dall’emergenza Coronavirus, e che sono influenzate dalla disponibilità di materiali. Inoltre, precisa che l’eventuale deroga alle prescrizioni della normativa vigente dovrà essere prima autorizzata dalla Direzione Sanitaria.

Vediamo quali sono le principali indicazioni del Protocollo:

1. Mettere in depressione gli ambienti

Per trasformare delle degenze ordinarie in degenze per infettivi, AiCARR spiega che bisogna potenziare la ripresa dell’aria al fine di mettere in depressione questi locali rispetto ad altri ambienti e reparti per non infetti. In particolare, si raccomanda di:

  • non diminuire la portata d’aria di mandata, ma forzare il relativo ventilatore per ottenere la portata massima possibile nei limiti del suo assorbimento elettrico;
  • mettere sotto inverter il motore del ventilatore di estrazione per aumentare i giri del motore, nei limiti del suo assorbimento elettrico, e inserire un filtro assoluto sull’espulsione;
  • se ciò non fosse sufficiente a ottenere una depressione efficace, si consiglia di verificare la possibilità di sostituire il blocco ventilatore filtro assoluto con un nuovo dispositivo di potenza e prevalenza adeguate;

se ancora non bastasse, è necessario installare un impianto di estrazione autonomo con il blocco di ventilatore più filtro assoluto situato nel corridoio all’esterno della struttura.

L’Associazione chiarisce che queste disposizioni vanno declinate in base alla destinazione d’uso e ai sistemi impiantistici esistenti, e fornisce indicazioni più precise in merito agli impianti ad aria primaria con terminali in ambiente e agli impianti a tutta aria.

 

2. Le gestione dell’espulsione

L’Associazione spiega che l’espulsione dell’aria esausta da degenze e reparti infettivi deve essere sottoposta a filtri assoluti. Nello specifico sottolinea che:

  • se si può usare l’impiantistica esistente, per l’espulsione bisogna verificare una serie di elementi come il fatto che sia possibile installare e manutenere il filtro HEPA secondo le indicazioni dell’igienista, che non possa verificarsi una cortocircuitazione con la presa dell’aria esterna e che sia possibile un facile collegamento con il centro di controllo della regolazione;
  • se serve una nuova condotta di estrazione autonoma di integrazione, oltre a valere le raccomandazioni precedenti – laddove applicabili – è necessario creare una nuova condotta di ripresa dell’aria dai locali interessati, anche al loro interno, che sia provvista di terminali di ripresa, possibilmente posizionati dietro la testata dei letti infettivi; la condotta deve essere inoltre dotata di ventilatore di espulsione con filtrazione assoluta e con cassone insonorizzato, collocato in una posizione che permetta l’ispezione e la manutenzione in sicurezza. AiCARR suggerisce anche di inserire, possibilmente, un silenziatore da condotta.

 

3. Il ricircolo dell’aria nell’ambiente

Visto che il Covid-19 può sopravvivere diverse ore nell’aria, il ricircolo va eliminato per evitare che l’aria esterna possa contaminarsi. A prescindere dal Coronavirus, però, l’Associazione precisa che il ricircolo negli ambienti sanitari ospedalieri è vietato per non correre il rischio di cross contamination. Sottolinea, inoltre, che i terminali ambiente (come ventilconvettori, unità split e sistemi VRF) ricircolano solo l’aria della singola stanza usata per la degenza e che rappresentano un basso rischio di diffusione del virus. Tuttavia, la loro presenza non è compatibile con le degenze infettive di terapia intensiva.
Nelle sale operatorie è permesso il ricircolo sala per sala: nel caso di un intervento su un paziente affetto da Covid-19, AiCARR sostiene che è sufficiente osservare un periodo di decontaminazione post intervento, senza intervenire sugli impianti.

Vengono dati inoltre consigli specifici in merito all’allestimento di reparti di terapie intensive provvisorie ricavati all’interno di strutture esistenti già climatizzate (ad esempio palestre, centri fieristici, capannoni, ecc.), con indicazioni per il carico termico da considerare.

 

4. La pulizia dei terminali e la sostituzione dei filtri assoluti

Il Protocollo si sofferma sull’importanza di pulire e sanificare le superfici orizzontali, con attrezzatura idonea e almeno con cadenza giornaliera, in quanto l’aerosol può cadervi sopra. In particolare, per la corretta pulizia dei terminali (quali radiatori, bocchette di aerazione, condizionatori, ecc.) bisogna avvalersi di personale qualificato, provvisto di dispositivi di protezione individuali. Il lavoro va svolto seguendo procedure ben precise: a questo proposito, sul documento si trovano suggerimenti sugli strumenti da adoperare e sui passaggi da seguire.

Per quanto riguarda la sostituzione dei filtri assoluti, questi vanno inseriti a regola d’arte, per evitare perdite di aria contaminata, e va svolto il penetration test, utile a verificare l’efficienza della filtrazione. Per i filtri, inoltre, andrebbero possibilmente usati adeguati canisters, dei contenitori portafiltro di sicurezza.

 

5. Disattivazione o by-pass del recupero di calore

L’ultima raccomandazione si riferisce ai recuperatori rotativi, che devono essere arrestati per evitare una possibile – seppur remota – possibilità di contaminazione dell’aria immessa. Per la stessa ragione bisogna by-passare ogni altra tipologia di recuperatore entalpico.

Gestione e manutenzione degli impianti di climatizzazione

 

Il documento affronta anche le problematiche legate agli interventi da parte degli addetti alla gestione e alla manutenzione degli impianti di condizionamento. In occasione di attività di modifica o di potenziamento degli impianti HVAC a servizio di reparti Covid-19 o di zone in cui sono ricoverati pazienti affetti dal virus, si specifica che gli operatori dovranno essere formati sui rischi e che si dovranno seguire tutti gli accorgimenti necessari per la tutela della loro salute. Ad esempio si raccomanda:

  • la disinfezione delle superfici prima dello svolgimento di tutte le operazioni;
  • l’utilizzo di tutti i dispositivi di protezione individuale adatti alle lavorazioni da svolgere;
  • il corretto conferimento e isolamento delle parti rimosse, tenendo conto della sopravvivenza del virus sulle superfici;
  • l’impiego di un’affissione segnaletica utile a individuare le parti dell’impianto che possono essere soggette all’infezione;
  • la registrazione degli interventi svolti;
  • il controllo, almeno due volte al giorno, della corretta alimentazione ai reparti dell’impianto di produzione e distribuzione dell’ossigeno medicale e, più volte al giorno, dei quadri radice degli impianti stessi per verificare l’assenza di fenomeni di laminazione con conseguente ghiacciamento e interruzione del servizio.

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l'autore

  • Paolo Capelli

    Paolo Capelli

    Socio di tutte le società del Gruppo (Martignoni & Leardini, Clima System, Clima Service, Polycalor, Clima Acque) – è direttore tecnico di Clima System Srl, segue la consulenza ai più importanti studi di progettazione, gestisce l’innovazione tecnologica da utilizzare per migliorare i prodotti proposti dal gruppo, cura i rapporti con gli uffici tecnici delle Aziende rappresentate proviene da una importante esperienza professionale nel settore del trattamento aria dove ricopriva il ruolo di responsabile tecnico e progettista meccanico.

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